OGGI uscirà nelle edicole e nelle librerie lucane un utile e interessante libro dell’avvocato e uomo politico materano Vincenzo Santochirico. Il libro è intitolato “Matera, Capodanno 2020. Capitale europea della cultura: il sogno, le idee, la sfida”(Associazione Medeura e Network Matera Capitale Ideale, 103 pagine, 9,00 euro), e in questa pagina il “Quotidiano della Basilicata” ne anticipa per i lettori un breve capitolo, l’ultimo.
Il pamphlet di Santochirico è molto utile sia per gli addetti ai lavori sia per la cittadinanza materana e lucana, perché offre concretamente spunti storici, tecnici, economici, “di visione” sul reale significato di Matera Capitale della Cultura 2019. Nessun tema vi è trascurato: urbanistica, turismo, governance, infrastrutture, dimensione finanziaria, istituzioni culturali, ecc.
Dopo la sbornia mediatico-politica dei “favorevoli” e dei “contrari”, e dopo il pieno di retorica e di agonismo campanilistico, Santochirico invita con il suo puntuale lavoro a una visione lungimirante e pragmatica, che potremmo sintetizzare in questo modo: Matera non dovrà solo essere un grande e autorevole cartellone di eventi culturali, ma nemmeno dovrà avere paura di contaminarsi con le sfide di un turismo di massa.
Ovviamente non solo la classe dirigente, ma tutti i materani sono chiamati a riflettere con senso di responsabilità su questa nuova dimensione progettuale di Matera, provando a superare la domanda semplicistica e brutale se, di cultura, si possa davvero vivere.
Non si tratta, ci spiega Santochirico, di vivere di cultura come fosse, la cultura, l’ennesimo ministero da cui farsi impiegare, ma di mettere a sistema – ciascuno nel suo specifico – tutti i meccanismi economici e culturali, materiali e ideali, vecchi e nuovi di cui Matera dispone e potrà disporre nell’immediato futuro. Il libro è ben scritto, ben articolato e pieno di spunti concreti. Ci sono tutte le premesse, insomma, perché Matera 2019 non diventi – almeno nelle intenzioni di osservatori e intellettuali come Santochirico – la forma 2.0 del pernicioso assistenzialismo meridionalistico.