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Pink Floyd Dark Side in Matera di Fabio Zuffanti

Il bianco assoluto di Matera scintilla nel sole cocente del luglio 2024. Nei tanti negozi di souvenirs campeggiano t-shirt e borse con la scritta “The Dark Side Of The Sassi” a incorniciare il prisma arcobaleno. Il folto pubblico ascolta attento le mie parole e osserva con attenzione le copertine mostrate dal puntuale organizzatore di questo bell’evento: Antonio Andrisani. Alcuni conoscono la storia dei Pink Floyd e della loro opera più celebrata, altri no; in ogni caso è un qualcosa che non fa mai male approfondire: stiamo parlando di uno dei dischi più venduti della storia, più che un album un fenomeno di costume.
Quando nel 1972 i Pink Floyd si misero on the road a presentare dal vivo una sequenza di brani uniti in una lunga suite intitolata Eclipse, non immaginavano certo che quella avrebbe cambiato per sempre le loro sorti e quelle del rock tutto. Un anno dopo che la suite era stata registrata, aveva cambiato nome in The Dark Side Of The Moon ed era stata confezionata in una copertina destinata a diventare iconica. In capo a pochi mesi quell’album sconvolge i mercati arrivando a vendere oltre 50 milioni di copie, un successo strepitoso e una scalata che non si è mai arrestata. Ancora oggi ogni ristampa di The Dark Side Of The Moon finisce dritta in cima alle classifiche.
Perché tanto clamore? Come è stato possibile che un unico brano di 45 minuti diviso in dieci sezioni riuscisse a sortire un tale effetto? Un album tra la psichedelia e il rock progressivo, con un afflato blues e diverse invenzioni sonore nel campo dell’elettronica, che parla di pazzia e alienazione. Sulla carta musica per pochi, difficile, per molti versi elitaria, che diventa un fenomeno destinato a durare oltre 50 anni e ancora ben lungi dall’esaurirsi, generazione dopo generazione. Qualcuno in passato ha scritto che The Dark Side Of The Moon è il disco perfetto per fare l’amore, questo è il motivo principale del suo incredibile successo. Tutto può essere, e in effetti l’album sa farsi languido e carezzevole alla bisogna. Serve però andare oltre e capire che quest’opera è dotata di una particolare magia che gli permette di penetrare l’animo di ogni persona, dai vecchi nostalgici ai giovani trappers, e non andarsene più. Le canzoni sono tutte magistrali, dotate di splendide melodie e parti chitarristiche di grande effetto, c’è la componente elettronica fornita dai sintetizzatori VCS3 che colpiscono l’immaginario risultando sempre nuovi, anche se nel frattempo la musica ha fatto enormi passi avanti. Ma è da qui che tutto è partito, i pionieri moderni non possono prescindere dai Pink Floyd, da questo disco. Anche la techno viene da qui, a bene ascoltare persino nei suoni e negli effetti della trap possiamo a volte riconoscere certe invenzioni floydiane.
La band inglese ha sdoganato la ricerca in ambito pop-rock, la cura del suono, il far sì che le registrazioni fossero impeccabili, infatti The Dark Side Of The Moon è ancora utilizzato per testare gli impianti hi-fi.
E poi ci sono i testi che parlano di follia, di distacco dalla realtà, della difficoltà di impersonare la parte che la società si aspetta, della consapevolezza che la vita è una lunga corsa verso l’oblio, del confine labile tra sanità e pazzia, quello che Syd Barrett, fondatore della band, aveva superato diventando per Roger Waters, autore di tutte le liriche, quasi un’ossessione. L’amico non si capacitava di come fosse stato possibile che un giovane dotato di enorme talento come Syd fosse potuto scivolare in tale perdita della ragione. Waters capì che a a volte è un attimo andare oltre e ritrovarsi dall’altra parte del muro. Nelle parole di The Dark Side Of The Moon il bassista getta le sue riflessioni, le sue paure, i suoi incubi… e trova un mondo intero pronto a rispecchiarsi in qualcosa che a tutti può capitare di pensare e di vivere. Waters scopre il suo talento nel mettere a nudo l’animo umano, mentre David Gilmour, Rick Wright e Nick Mason rivestono le parole di una perfetta sintesi strumentale, che descrive la nascita, l’interfacciarsi col mondo, la percezione del tempo che passa, il timore del decesso, il danaro, l’avidità e la guerra. E alla fine il ritrovarsi a guardare la luna e rispecchiarsi in essa – sia nella parte luminosa che nel suo lato oscuro – per capire che l’uomo è destinato a cercare di fare convivere la luce e il buio. Nel potente inno di chiusura, Eclipse, Waters snocciola tutto ciò che ci rende umani, tutto quello che facciamo, che vediamo, che proviamo e che viviamo. E tutto quello che dovrebbe essere in armonia e che a volte è oscurato. In tal modo la corsa verso la luce dovrà sempre ricominciare. The Dark Side Of The Moon ha a che fare con le nostre vite, per questo il suo successo non finirà mai.

Fabio Zuffanti é scrittore e musicista